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Infinitamente Piccolo, Infinitamente Grande

I ricercatori del progetto Acqua Viva alla scoperta della biodiversità acquatica nella Riserva di Biosfera

( Tione di Trento, 27 Novembre 2020 )

“La Terra funziona grazie ad esseri piccoli, se non minuscoli, e quelli grandi, visibili a tutti noi, e noi stessi umani, dipendiamo strettamente da questi esseri infinitamente piccoli”. Parte così Nico Salmaso ricercatore e docente presso la Fondazione Edmund Mach per spiegarci l’obbiettivo del progetto Acqua Viva, che sta seguendo insieme al suo staff e in partnership con la Riserva di Biosfera e il MUSE.

Nico ci puoi spiegare come nasce il progetto Acqua Viva? Perché tutto questo interessamento per gli ambienti acquatici della nostra Riserva di Biosfera?

Vogliamo occuparcene perché sono a tutti gli effetti uno degli ambienti meno studiati e conosciuti del nostro territorio. Noi ricercatori ci siamo occupati dei laghi, fiumi o di pozze in alta quota solo e unicamente quando c’erano problemi ambientali da risolvere. Mi viene in mente, qualche anno fa, quando ci fu la sovrabbondanza di alghe nel Lago di Ledro; lì intervenimmo capendo qual era l’organismo che causava il problema e quale comportamento umano era sbagliato e così risolvemmo la questione; da lì in poi non ci siamo più spinti oltre a causa dei limiti fisici della ricerca scientifica. Ora grazie al progetto siamo riusciti davvero ad alzare l’asticella rispetto alla conoscenza dei nostri habitat subacquei.

Spiegaci Nico un po’ più nel dettaglio in che cosa è consistito il progetto e soprattutto in cosa siete riusciti ad alzare l’asticella.

Il nostro obbiettivo è di quello di analizzare la biodiversità presente negli ambienti acquatici della Riserva di Biosfera e in particolare, come dicevo in apertura, siamo estremamente interessati agli esseri piccoli, minuscoli di quelli che l’occhio umano non vede, ma che hanno un ruolo fondamentale nella regolazione dell’ecosistema. Fino a pochi anni fa l’analisi di questi microrganismi veniva svolta prelevando in ambiente campioni di acqua, portandoli in laboratorio e mettendoli poi in condizioni tali per cui i microorganismi all’interno iniziassero a duplicarsi, permettendo poi ai ricercatori di isolarsi e studiarli al microscopio. Capite però che è una tecnica estremamente macchinosa, che richiede ingenti risorse, una notevole dose di fortuna e che ha come pecca il fatto che si può studiare solo una singola specie alla volta, tralasciando tutte le altre specie presenti nell’acqua; questo procedimento di conseguenza dà poche informazioni sulla varietà di specie presenti nell’ambiente. Con l’arrivo del sequenziamento genetico tutto è cambiato.

Sequenziamento genetico! Sembra cosa da fantascienza; ci sapresti spiegare in cosa consiste?

Il sequenziamento genetico del DNA ambientale è una tecnica che parte dal presupposto che qualsiasi essere vivente lascia delle tracce biologiche di sé nell’ambiente in cui vive e che in queste è contenuto il DNA ossia l’informazione genetica che contraddistingue in maniera univoca ogni vivente, pianta o animale che sia. Con il sequenziamento genetico noi andiamo a prendere campioni di acqua e grazie ad un semplice filtro possiamo raccogliere tutta la parte biologica per poi spedirla al nostro centro di ricerca che analizza tutti i singoli DNA presenti in questo “brodo biologico”; da questa analisi esce la lista di tutti i codici genetici presenti nell’acqua. E lì viene il bello.!

In che senso? Cosa ve ne fate di tutti quei codici genetici?

La macchina normalmente ci segnala milioni di codici genetici presenti nell’acqua, ma non sa a chi questi codici appartengano. Per farvi un esempio è come se entrassimo in un paese a noi sconosciuto e ci venisse fornita un’enorme rubrica telefonica dove sono segnati solamente i numeri di telefono ma non i nomi degli utenti. Sta a noi riuscire a sintetizzare i dati usciti dalla macchina e confrontarli con enormi database pubblici, costruiti da scienziati da tutto il mondo, che ci permettono di capire a quale microorganismo appartenga quel preciso codice. E lì è il momento più magico di tutti, in quanto inizi a capire quali organismi sono presenti nelle acque e ogni tanto, se si è fortunati, si scopre magari anche qualche specie del tutto sconosciuta alla comunità scientifica globale. Noi per esempio nelle acque del Lago di Garda siamo stati i primi scopritori del “Ticonoma Burrelli” un cianobatterio potenzialmente tossico, ma che essendo presente in quantità basse non genera problemi alla salubrità dell’acqua.

Tutto molto chiaro Nico ma una domanda ci sorge spontanea: ricerche come queste in che modo possono essere utili per la Riserva di Biosfera?

Domanda assolutamente pertinente e a cui è obbligatorio sempre dare una risposta. Innanzitutto ricerche come queste sono una grande occasione per molti giovani ricercatori della zona di lavorare sul proprio territorio andando a conoscerlo meglio e in maniera approfondita. In secondo luogo riprendo il concetto detto in apertura: la maggior parte dei nostri ecosistemi dipende da esseri che noi non possiamo nemmeno vedere; per farvi un esempio il Prochlorococcus, un cianobatterio diffuso nelle acque calde di tutto il mondo è responsabile, da solo, del 5% della fissazione dell’anidride carbonica, un processo fondamentale per contrastare l’effetto serra e gli impatti climatici. Batteri come questi possono letteralmente ripulire l’acqua di fiumi e laghi e governano il ciclo dell’azoto, che è di fondamentale importanza per qualsiasi forma di agricoltura. Sotto i nostri piedi, all’interno dei laghi e dei fiumi, praticamente ovunque, esiste un mondo di esseri viventi, una sorta di super organismo che regola la nostra vita e il nostro stare sulla terra, un coacervo di minuscole creature che dall’infinitamente piccolo, generano l’infinitamente grande

lago di Tenno (Ph. Tommaso Beltrami)
lago di Tenno (Ph. Tommaso Beltrami)
 
lago di Tenno (Ph. Tommaso Beltrami)
lago di Tenno (Ph. Tommaso Beltrami)
 
Prochlorococcus (Ph. Wikimedia)
Prochlorococcus (Ph. Wikimedia)
 
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