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Massimo Spirito di Sacrificio

1914: Storo un paese al fronte

( Tione di Trento, 15 Novembre 2019 )

“Lo Stato deve pretendere da tutti i suoi cittadini il massimo spirito di sacrificio”

Inizia così una delle notificazioni che arrivò nei primi mesi del 1915 ai funzionari del Comune di Storo. Poche parole che però sintetizzano la voragine in cui si stava entrando proprio in quei mesi, il grande buco nero della Prima Guerra Mondiale. Come ogni grande avvenimento storico la Grande Guerra (1914-1918) può essere raccontata tramite molte lenti che con obbiettivi e ingrandimenti diversi è in grado di raccontare particolari diversi del fenomeno.

Si potrebbe rimanere ad un ingrandimento molto ridotto e vedere le grandi potenze europee mondiali muoversi, agitarsi e schierare i propri eserciti, pronti per combattere una “guerra totale” la prima in cui venne richiesto l’impiego totale di tutte le risorse economiche e umane di ogni Stato. Se ingrandissimo nei campi di battaglia e sulle linee di confine vedremmo il fango delle trincee, sentiremo il freddo pungente delle alte vette alpine e sentiremo le urla e il dolore di giovani vite spezzate. Ma questa volta la nostra lente si vuole poggiare su qualcosa di diverso, vuole capire come si può e si deve vivere in una guerra, andando a mettere attenzione sulla popolazione che ha vissuto questo conflitto indirettamente e soprattutto quella dei paesi al fronte.

Un aiuto in questa indagine ci viene da un libro redatto nel 1981 a cura del Prof. Gianni Zontini chiamato “Storo un paese al fronte”, dove l’intenzione dichiarata è comprendere come si viveva a Storo e nei paesi limitrofi durante l’inizio della Prima Guerra Mondiale. Storo, Darzo, Lodrone e Bondone erano nel 1914, con lo scoppio della guerra erano a tutti gli effetti paesi di frontiera in quanto proprio fra Lodrone e Ponte Caffaro passava il confine delimitante il territorio del Regno d’Italia e quello dell’Impero Austroungarico.

Un limite chiaro e netto se visto sulle cartine geopolitiche del tempo, ma in realtà una membrana estremamente permeabile almeno fino a prima dello scoppio della guerra: la Valle del Chiese e la Val Sabbia da secoli intrattenevano rapporti commerciali e si può dire che a livello culturale avvenisse in questo territorio di confine una commistione molto interessante fra la cultura lombarda-italiana e quella trentina-austriaca.

Lo scoppio della Guerra significò la fine di questo periodo di pace e tranquillità per la popolazione storese: già il luglio del 1914 vide la prima chiamata alle Armi che richiamò al servizio militare 139 uomini che in pochi giorni partirono verso il fronte; nei mesi successivi alcune altre decine di paesani vennero richiamati alle armi e partirono verso i fronti principalmente della Galizia. La partenza degli uomini e la grande requisizione di bestiame da parte dell’esercito atta a sopperire ai bisogni dei soldati al fronte fu uno dei principali problemi per le comunità locali. La scarsità di “braccia” rese difficoltoso il completamento del raccolto e creò problemi anche alla gestione delle malghe di alta e media montagna che da sempre costituivano una delle principali fonti di sostentamento di queste genti.

Le difficoltà nel gestire l’agricoltura con così poche forze erano generalizzate su tutti i territori dell’impero e già nell’inverno del 1914-1914 le disponibilità delle merci e degli alimenti sul mercato si fece sempre più scarsa facendo aumentare drasticamente i prezzi: la farina gialla dall’agosto 1914 al gennaio 1915 passò da 36 centesimi a 56 centesimi al kg. Il commercio di legname con la Lombardia, altra fonte importante di reddito per le popolazioni locali subì un brusco calò nel 1914 e 1915 in quanto mancavano da una parte le risorse umane per la coltivazione del bosco e dell’altra il governo austriaco era sempre più reticente a consentire relazioni con l’Italia, sempre più in odore di “rottura” dei patti della Triplice Alleanza.

Le conseguenze sociali dell’entrata in Guerra furono molto profonde; in una circolare del 19.9.1914 il governo locale esprime la sua preoccupazione per il “pericolo dell’abbandono dei figli” e si chiede alle “già esistenti, organizzazioni di beneficienza” di “sopperire alle esigenze del tempo”.Un problema quello sociale perciò profondamente sentito da tutta la Comunità che nonostante le difficoltà, tramite il Comune, continuò ad aiutare le famiglie bisognose e i sempre più frequenti orfani. Le condizioni per questi “paesi al fronte” divennero sempre più complesse e difficoltose almeno fino al maggio del 1915, in cui l’Italia dichiarò guerra all’ormai ex alleata Austria ed iniziò per il paese di Storo e zone limitrofe il periodo dell’occupazione italiana e dei combattimenti sulla linea dei Forti.

Ancora una volta il territorio della Riserva Alpi Ledrensi e Judicaria ci parla di sé e ancora srotola dalla matassa della storia un filo che ci permette di capire da dove veniamo e dove stiamo andando per orientarci verso un futuro fatto di pace e prosperità.

Un paese al fronte
Un paese al fronte
 
Accampamenti militari a Storo (dalla Libreria del Chiese)
Accampamenti militari a Storo (dalla Libreria del Chiese)
 
Organizzazione militare e civile a Storo
Organizzazione militare e civile a Storo
 
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